Devo ammettere che questa quarantena mi sta regalando qualcosa di prezioso: il tempo.
Napoleon Hill in un suo libro ha scritto che “Ogni svantaggio nasconde un vantaggio equivalente o superiore”. Ripeto, questa quarantena sta donando a noi studenti il tempo per pensare. In un giorno ci sono ventiquattro ore. Ogni ora possiede 60 minuti, ognuno dei quali è formato da 60 secondi. Può sembrare tanto, ma sprecare secondi ed conseguenza, minuti ed ore, è più facile di quanto si possa immaginare. La mia generazione è nata nell’era tecnologica: PC, smartphone, tablet, smartwatch… Siamo continuamente bombardati da pubblicità, pop-up, telefoni che vibrano e suonano per le continue notifiche, cuoricini accompagnati da numeri che se da un lato innalzano la produzione di dopamina nel cervello, dall’altro esistono anche casi di dipendenza dai social.
Così ci ha cresciuti la società, facendoci distrarre dalle cose importanti. Se chiedi ad un qualsiasi ragazzo o ragazza a metà del suo percorso scolastico alle superiori “Cosa vuoi fare da grande?”, spesso non ti sa dare una risposta precisa. La maggior parte dà un responso insicuro, incerto. Penso sia ancor più triste vedere uno studente o studentessa in quinta superiore che non sa ancora cosa voglia nella vita.
Se dovessi guadagnare un euro per ogni volta che ho affrontato conversazioni del genere con i miei amici, avrei una montagna di monete. Io vengo dalla provincia, nella mia cerchia di amicizie solo io e pochi altri abbiamo deciso di frequentare un liceo. Tutti gli altri invece si sono iscritti ad un CFP, un istituto tecnico o professionale. Nessuno di loro ha intenzione di frequentare l’università. Finito il loro percorso di studi triennale o quinquennale che sia, sono andati a lavorare. C’è chi lavora in catena di montaggio, altri in officina, c’è chi fa l’idraulico e chi fa il carrozziere. Pare, però, che abbiano tutti una cosa in comune: hanno rinunciato alle loro ambizioni per uno stipendio. Lavorano 8/9/10 ore al giorno, aspettando il sabato per poter festeggiare. Dimenticano così di dedicare e spendere tempo per i loro sogni, passioni. Rischiano, così, di vivere come un criceto che corre nella sua ruota giocattolo. Come un cavallo col paraocchi corrono senza vedere cosa offre di bello la vita. Ma questo non vale solo per gli operai, vale anche per altri lavoratori.
Pensiamo ad un docente, la cui ambizione non era insegnare a 23 ragazzi e ragazze dietro ad un banco. Per uno studente o una studentessa non c’è nulla peggiore di un professore o una professoressa che non abbia voglia di istruire. Perché non saprà mai portare a termine la sua vera missione, che non è tanto inculcare nozioni, bensì far scattare la curiosità di imparare.
Facciamo un altro esempio. Consideriamo un esperto di tiro al piattello, il cui sogno è diventare campione olimpico, ma decide di accontentare i genitori, i quali, sapendo che non guadagnerebbe troppo, preferiscono mandarlo nell’esercito in modo che diventi un cecchino, con uno stipendio più elevato. Passando così da colpire bersagli al volo, a sparare invece a uomini come lui. Immaginate con che rimpianto morirebbe se lo colpisse un proiettile in battaglia, perché si è distratto un attimo pensando al podio olimpico su cui avrebbe voluto ricevere una medaglia d’oro.
Questo periodo di “lockdown” può davvero essere un trampolino per pensare come rilanciare la nostra vita.
Non eravamo pronti a questo, ad una pandemia, nessuno lo era. Il governo avrebbe dovuto esserlo, perché uno Stato dovrebbe sempre avere un piano d’emergenza in caso scoppino situazioni del genere: la storia ci insegna che non è la prima volta che il mondo vive situazioni come questa.
Ci regala tempo per pensare. Tutte quelle cose che davamo per scontate ora le apprezzeremo maggiormente: la semplice e scontata (almeno per noi) libertà di uscire e andare dove si vuole; il contatto fisico con le persone, un abbraccio, una carezza o un bacio; il diritto di essere sempre curati che ora si fatica a garantire; la nostra routine che tanto ci seccava ora addirittura ci manca.
Inoltre, son sicuro che in molti sperimenteranno la solitudine. Lo stare da soli per giornate intere. Annoiarsi perché si è da soli e non c’è nessuno con cui poter fare qualcosa. Ma così, anche se non è scontato avvenga, impareremo a conoscere noi stessi un po’ di più, incominceremo a bastarci. E dico che non è detto, perché siamo così bravi a distrarci ormai, che ci risulta davvero complicato concentrarci. Ho la sensazione che, vivendo in una società così dinamica, le persone non sappiano più stare da sole con i loro pensieri.
Pensare, riflettere su come migliorare noi e il mondo quando questa emergenza sarà finita. Questo è quello che possiamo fare in quarantena. Finirà, perché tutte le epidemie hanno un inizio ed una fine. Quando potremo di nuovo uscire avremo un’altra possibilità per apprezzare di più la vita e fare ciò che veramente vogliamo. Ma non puoi fare ciò che vuoi, senza sapere ciò che desideri davvero. Per farlo bisogna pensare, conoscersi e capirsi.
La storia insegna, però, purtroppo, il genere umano sembra non voler imparare, quindi la mia domanda è: sprecheremo anche questa occasione? Sprecheremo ancora il nostro tempo?
Abdul Hafez Labaran, classe 3°A LES