Stai cercando lavoro? Attento a quello che scrivi sui social!

Stai cercando lavoro? Attento a quello che scrivi sui social! 15 Dicembre 2023

Si chiama cybervetting – o on line vetting – e va tenuto in considerazione quando si sta cercando lavoro. Non sai di cosa si tratti? Te lo spieghiamo in questo articolo.

Il Cybervetting è la pratica di utilizzare durante la selezione di un candidato le informazioni trovate in Internet, in particolare su piattaforme e social. Insomma, sempre più aziende affidano ai propri responsabili delle risorse umane (recruiter) il compito di indagare sui comportamenti digitali dei candidati.

È una pratica molto invadente e lesiva della privacy, ma se utilizzata entro certi limiti è legale: basta digitare il nome di un candidato in un motore di ricerca o sui social e si apre un mondo…

In altri paesi è una pratica molto più diffusa e che ha conseguenze molto gravi perché, in conformità alle normative locali, permette anche di licenziare un dipendente, qualora su un social abbia espresso opinioni razziste, omofobe, violente ecc.

In Italia si è diffusa come strumento di selezione, per avere molte più informazioni di quelle contenute nel curriculum o trasmesse durante un colloquio.

Non solo il cybervetting è utilizzato da molte azienda, ma c’è anche un altro fenomeno a cui prestare attenzione: se un candidato non ha una presenza on line, cioè non ha profili social e non interagisce su piattaforme, e quindi il recruiter non lo trova sul web, si riducono le sue possibilità di essere convocato per un colloquio.

In altre parole: la nostra assenza dal web pregiudica la possibilità di essere selezionati da un’azienda, ma il modo in cui siamo presenti può danneggiarci nella selezione.

Non dimentichiamo, infatti, che le nostre azioni in internet creano la nostra digital footprint (e ne resta traccia nel web anche se le cancelliamo), cioè l’impronta digitale che raccoglie tutte le nostre attività: i post pubblicati sui social, le interazioni con gli altri utenti, le discussioni a cui partecipiamo in chat pubbliche, quello che pubblichiamo come blogger…

La nostra impronta digitale dice moltissimo di noi: quali sono i nostri valori, quali abitudini abbiamo, dove abitiamo, dove andiamo in vacanza, se godiamo di buona salute, cosa facciamo nel nostro tempo libero, chi frequentiamo, qual è il nostro orientamento religioso, sessuale, politico… E molto altro! A questo punto entra in gioco il cybervetting.

Quindi, ciò che facciamo in internet può contribuire a farci o non farci assumere da un’azienda.

Come? Ecco alcuni utilizzi che le aziende fanno delle informazioni reperite in internet:

  • verificare le informazioni del curriculum: si possono trovare, ad esempio, informazioni sulle esperienze lavorative, la formazione, le attività extra lavorative e compararle con quelle fornite dal candidato nel curriculum o nel colloquio

  • utilizzare le informazioni raccolte per formulare domande in fase di colloquio

  • verificare se il candidato corrisponde al profilo dell’azienda: sei un attivista animalista? probabilmente non verrai assunto in un allevamento intensivo…

  • verificare se il candidato ha l’abitudine di condividere informazioni personali, per capire che rapporto ha con la riservatezza, anche in relazione a conoscenze attinenti al lavoro e all’azienda

  • verificare quantità a fasce orarie di presenza sui social: una persona molto presente durante tutto il giorno potrebbe essere un dipendente distratto o poco produttivo

  • in ultimo, c’è la web reputation del candidato, cioè la percezione che gli utenti del web hanno di quello specifico soggetto; la reputazione digitale è data dal modo in cui ti poni nelle tue interazioni sul web e può dire di te se appari come persona verbalmente aggressiva, maleducata, offensiva… Inutile dire che avere una buona reputazione online è importante poiché ormai la reputazione digitale incide sull’opinione che gli altri, compresi i potenziali datori di lavoro, hanno di noi

 

Ph. Thomas Ulrich da Pixabay