Aprile 2020: fermezza assoluta, silenzio e tanta distanza.
Tempo, troppo tempo, in cui ci ritroviamo senza volerlo e senza chiederlo.
Noi abituati alle sveglie presto, ai pullman persi e alle campanelle a scuola, ai rumori della città, ora ferma e irraggiungibile, incontriamo una lentezza inconsueta.
Non è la calma degli attimi di pausa, tanto cercata, o del riposo, è una sospensione assoluta, che smarrisce, rimbomba e disturba. È il rumore sordo dell’angoscia che incontra il dolore delle mani che non toccano più la pelle e il calore dell’altro, ricadendo pesanti e sconsolate l’una sull’altra.
Misuriamo, giorno dopo giorno, il nostro corpo sulle pareti di casa, che ora conosciamo a memoria. Ci sentiamo chiusi, impossibilitati, sotto la minaccia costante del nemico invisibile di cui parla il telegiornale.
Numeri, sempre in crescita, che rimbombano in ogni dove e che insinuandosi meschinamente nella consapevolezza fanno male. Solo i numeri parlano, perché le persone hanno perso il nome e non possono più raccontare.
Noi che ci sentiamo sempre privati del tempo, ora non sappiamo più che farne. Ci scorre addosso, inafferrabile, e cerca di corrodere sogni, relazioni e speranza. È il tempo dell’indugio e dell’incertezza, della volontà bloccata sulla soglia di casa e degli occhi rivolti fuori dalle finestre per sapere, per cercare risposte.
Soluzioni o spiegazioni non arrivano e il tempo sembra diventare qualcosa di cui avere paura.
Evitando di abbandonarmi al rimpianto sterile di momenti migliori, ho inteso il tempo come una condizione utile per sviluppare l’attenzione e come la dimensione generatrice dello sviluppo. Perché senza la pazienza dell’attesa la natura non germoglia, dal momento che il fiore è solo il risultato di una collezione di attimi, sforzi e contatti.
Ed è proprio la lenta sequenza di gesti necessaria alla creazione che ho scelto di catturare in questi giorni così strani, monotoni ma stancanti.
Alla fine è sempre la semplicità a stupire, se si sa prestare occhio.
P.T.
Quinta Liceo – Scienze Umane Liceo Veronica Gambara