Quando un film racconta il lavoro, ovvero come le tematiche legate al mondo del lavoro siano affrontate nella cinematografia contemporanea.
Se sei appassionato di cinema e hai voglia di vedere film che parlino di lavoro ecco alcuni film degli ultimi circa 20 anni circa, italiani e stranieri, che forse ti sei perso.
Abbiamo scelto film tra loro diversi per ambientazione, paese, anno di produzione e stile narrativo, ma accomunati dall’attualità dei contenuti.
Sorry, We missed You
Sorry, We missed You (Regno Unito, Belgio, Francia, 2019)
Regia di Ken Loach
Ci sono registi particolarmente attenti alle tematiche relative al mondo del lavoro. Ken Loach è sicuramente uno dei più autorevoli. Della sua lunga produzione, ti consigliamo, innanzitutto, il più recente.
La vita infernale di chi fa consegne a domicilio.
Il film descrive le difficoltà di sopravvivenza di una famiglia unita in cui la moglie fa la badante e il marito, dopo aver perso il lavoro, inizia un’attività autonoma con un furgone di consegne. Un film che sottolinea tutta la durezza di questo settore lavorativo, dove i lavoratori sono pressati da tempi strettissimi, clienti esigenti e cinici, esigenze famigliari e di salute, pericolo di essere rapinati.
Ti consigliamo anche Io, Daniel Blake (2016) che mostra come la burocrazia possa rendere difficile anche ai servizi pubblici aiutare i lavoratori in difficoltà e il bellissimo Bread and roses, un film che ha circa 20 anni ma affronta temi ancora molto attuali: lavoro e immigrazione, la dignità dei lavoratori immigrati, le lotte per un giusto riconoscimento nella società.
Il capo perfetto
Il capo perfetto (spagna, 2021)
Regia di Fernando León de Aranoa.
C’è anche un modo ironico e divertente, sicuramente meno angosciante, seppur profondo, di affrontare le tematiche del lavoro. Se hai voglia di ridere e vedere un film con un buon ritmo, questo fa per te!
Il lavoro visto dal punto di vista di un imprenditore. Un capo “perfetto”, sicuro di sé, affascinante, brillante, che ha creato (o, meglio, ereditato) un’impresa-famiglia gestita con metodi paternalistici, si trova ad affrontare alcune “magagne” proprio nel momento che precede di poco la visita di una commissione per il conferimento di un premio.
Tutta la vita davanti
Tutta la vita davanti (Italia, 2008)
Regia di Paolo Virzì.
Il film è liberamente ispirato a “Il mondo deve sapere” di Michela Murgia (ne parliamo in un articolo) e descrive – in modo a tratti tragicomico e grottesco – il mondo dei call center di vendita, tra precariato e ansie da produttività.
Marta si è brillantemente laureata in filosofia, ma, in attesa di un’occupazione adeguata ai suoi studi, lavora come telefonista in una famosa azienda di elettrodomestici con vendita a domicilio, con la mansione di fissare appuntamenti per i dimostratori e dove grazie alla sua spigliatezza raggiunge risultati lusinghieri. I lavoratori vengono illusi con promesse di premi legati ai risultati di vendita, motivati con metodi fantasiosi (sms appena svegli, coreografie di inizio giornata), ma anche pubblicamente mortificati se non raggiungono gli obiettivi e infine espulsi se giudicati inadeguati.
Sempre meglio che lavorare
Sempre meglio che lavorare (2016)
Regia di The Pills
Un film divertente per affrontare il tema dei trentenni che non trovano lavoro. I protagonisti, in verità, non vogliono lavorare e la loro esistenza fluttua tra questo disimpegno e la dura realtà.
La nostra vita
La nostra vita (Italia, 2010)
Regia di Daniele Lucchetti
Lavoro nero, precariato, sfruttamento, affari poco leciti nei subappalti. Il settore edilizio è uno dei più martoriati da questi problemi e il film li affronta tutti senza sconti. Un film anche sull’importanza della famiglia e dei legami affettivi.
Claudio è un operaio edile che vive alla periferia di Roma. é sposato, ha due figli e un terzo in arrivo. la sua vita viene sconvolta da una terribile disgrazie e Claudio, per superare il dolore si butta anima e corpo in un’impresa difficile: un subappalto per la costruzione di una palazzina. Si ritroverà in una situazione più grande di lui, con al centro lo sfruttamento di operai extracomunitari.
Smetto quando voglio
Smetto quando voglio (Italia, 2014)
Regia di Sidney Sibilla
Un modo leggero, alternativo e comico di affrontare il tema della precarietà cronica dei ricercatori universitari, riassunto nelle parole iniziali di uno dei protagonisti: “In Italia una droga per essere definita tale dev’essere censita nell’elenco delle molecole illegali del Ministero della Salute. Cocaina, eroina, anfetamina, metadone, ecstasy e più o meno altre 200 molecole fanno parte di quell’elenco. Se una molecola non è in quella tabella allora la puoi produrre, la puoi assumere, ma soprattutto la puoi vendere (…)”.
Mi piace lavorare
Mi piace lavorare (Mobbing) (Italia, 2004)
Regia di Francesca Comencini.
Un film che affronta il tema del mobbing e le conseguenze sulla salute psicologica di chi lo subisce. Basato su una storia vera.
In un’anonima azienda cambia il management a seguito di una fusione. In teoria non dovrebbe cambiare nulla, di fatto il nuovo assetto societario stravolgerà la vita lavorativa di Anna, capocontabile apprezzata, che inizia la sua discesa all’inferno: rimossa dall’incarico, si vede proposti incarichi inutili, impossibili o demotivanti. Caduta in depressione, subisce anche l’affronto di dover firmare una lettera di dimissioni, in cui le spiegano che la sua situazione personale (mamma single) è incompatibile con i nuovi ritmi aziendali. Anna smette di affrontare il problema da sola e si rivolge a un sindacato.
Il tuttofare
Il tuttofare (Italia, 2018)
Regia di Valerio Attanasio
Una commedia per riflettere sul precariato dei praticanti legali.
Antonio è un praticante legale che lavora senza contratto per 300 euro al mese come assistente di un principe del foro e docente universitario. Per lui fa di tutto, comprese la spesa e la preparazione di pasti. Antonio deve mediare fra la sua coscienza e il desiderio di affermarsi in un mondo dominato dalle raccomandazioni quando dall’avvocato gli viene una richiesta particolare: sposare la sua amante argentina per farle avere la cittadinanza.
I lunedì al sole
I lunedì al sole (Spagna, 2002)
Regia di Fernando León de Aranoa.
Dallo stesso regista di “Il capo perfetto” di cui abbiamo parlato sopra, un film di 20 anni fa, che affronta il tema della disoccupazione creata dalla globalizzazione.
Un gruppo di ex lavoratori dei cantieri navali che furono impegnati nelle lotte sindacali, ancora sta cercando lavoro. Il film racconta con toni a tratti umoristici le loro esistenze da disoccupati, tra bevute al bar, discorsi filosofici, ricerca di nuova occupazione e lunedì al sole.
Due giorni, una notte
Due giorni, una notte (Belgio, 2014)
Regia di Jean-Pierre e Luc Dardenne.
Un film incentrato su una delle tematiche più drammatiche: la perdita del lavoro.
Dopo una lunga assenza dal lavoro per motivi di salute, Sandra vuole rientrare, ma il datore di lavoro, che ha riorganizzato il reparto senza di lei, propone ai suoi colleghi di scegliere con votazione tra un bonus di 1000 euro e il suo licenziamento. La votazione, influenzata anche dalle pressioni del caporeparto, è sfavorevole alla lavoratrice, ma una collega ottiene che venga ripetuta la settimana successiva. Sandra ha due giorni e una notte per convincere i suoi colleghi a cambiare idea e lo fa con un estenuante e umiliante porta a porta, scoprendo anche le difficoltà e le miserie dei colleghi, in bilico tra solidarietà e egoismo.
Il cinema racconta il lavoro in molti film dei Dardenne. ti suggeriamo anche il bellissimo “Rosetta“, la cui protagonista è diventata in Belgio simbolo della disoccupazione giovanile, tanto che le è stata intitolata una legge sul lavoro minorile (Plan Rosetta).
7 Minuti
7 Minuti (2016)
Regia di Michele Placido.
Ispirato a una storia vera accaduta in Francia, tratta il tema dell’erosione dei diritti dei lavoratori.
Un’azienda tessile sta per siglare un accordo con un’azienda francese per evitare la chiusura. Al termine dell’incontro, viene consegnata alle undici componenti del consiglio di fabbrica una lettera in cui si chiede di votare sì o no alla rinuncia di 7 dei 15 minuti di pausa pranzo. La più anziana del gruppo si esprime subito contro, le altre votano a favore, ritenendo che, in confronto alla paventata chiusura dello stabilimento o a singoli licenziamenti, sia un piccolo sacrificio. Ma dopo la prima votazione, si riapre il dibattito su cosa rappresentino questi 7 minuti in meno.
Volevo solo dormirle addosso
Volevo solo dormirle addosso (Italia, 2004)
Regia di Eugenio Cappuccio.
Tagli dei posti di lavoro e cinismo dei tagliatori di teste sono i temi di questo film, tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Lolli.
In questo caso il cinema racconta il lavoro in una delle sue tematiche contemporanee più drammatiche: i tagli del personale. Marco Pressi, un giovane e benvoluto formatore aziendale, riceve l’incarico dal suo superiore di tagliare 25 posti di lavoro – senza suscitare polveroni sindacali e senza rovinare il clima aziendale – in meno di tre mesi. Se raggiungerà l’obiettivo, riceverà una promozione con aumento del 30% di stipendio, un premio da 50 mila euro e la macchina aziendale, altrimenti anche per lui è previsto il licenziamento. Marco accetta la sfida, anche se il target è considerato irraggiungibile perfino dal collega esperto in licenziamenti. Al termine del periodo previsto, mettendo in atto tutte le strategie ciniche del bravo “tagliatore di teste” è riuscito a licenziare “solo” 24 persone, quindi non ha raggiunto l’obiettivo.
La legge del mercato
La legge del mercato (Francia, 2015)
Regia di Stephane Brizé.
Quanto si è disposti ad accettare per conservare il posto di lavoro.
Thierry, cinquantunenne disoccupato da un anno e mezzo, dopo corsi di formazione e riqualificazione e colloqui mortificanti, trova finalmente lavoro in un supermercato come addetto alla sicurezza e alla prevenzione dei furti. Il protagonista si troverà di fronte a un dilemma morale: spiare i suoi colleghi o decidere secondo coscienza anche a rischio di perdere il lavoro.
Il pane a vita
Il pane a vita (Italia, 2011)
Regia di Stefano collizzolli.
Un film documentario sul “tramonto di un modello di lavoro e di società e il vuoto che ne segue”.
Il film racconta, attraverso la vita di tre operaie, la chiusura del cotonificio Honegger di Albino (Bg) – dove il posto al telaio si tramandava di madre in figlia, garantendo “il pane a vita” – seguendo la vita di tre operaie.
Fotografia di Derks24