Leggere e eleggere

Leggere e eleggere 4 Febbraio 2019

Domenica 26 maggio 2019 voteremo i deputati del Parlamento europeo.

Dopo aver ascoltato filosofi e storici parlarci di Europa oggi guardiamo cosa può dirci la letteratura.

Per esempio, lo scrittore Alessandro Raveggi si chiede: cosa significa essere scrittori (e lettori) europei. E come ritrovare l’europeismo perduto attraverso i romanzi, di più, come si fa oggi a essere europeisti e ottimisti a un tempo?

Da “quella meravigliosa autobiografia sull’Europa e il suo tempo”, Die Welt von Gestern. Erinnerungen eines Europäers (1942), dello scrittore austriaco Stefan Zweig, a the first post-Brexit novel, Autumn (2016), della scrittrice scozzese Ali Smith, Raveggi esorta a “parlare apertamente dello stato di salute della narrazione del nostro popolo europeo (pieno di differenze e contrasti), dei nostri confini fisici ma anche linguistici, dei sentimenti inespressi e di quelli oramai saturati”.

E si chiede ancora “Che fine hanno fatto queste letture, se non le mettiamo in pratica e difendiamo un’idea d’Europa? […] A mio avviso, abbiamo di fronte a noi un bene da difendere, da criticare, certo, ma anche da sostenere, al di là delle nostre distinte appartenenze politiche, liberali, di sinistra, di centro, di destra, che siano”.

 

Come potrebbero, forse, dire molti di noi, lo scrittore spagnolo Javier Cercas durante la sua lezione E pluribus unum: l’Europa e l’eroismo della ragione all’inaugurazione del Salone del Libro di Torino del 2018 ha detto: “Il problema è che, al di là del fatto che è il continente in cui vivo, non so bene cosa sia l’Europa“.

“L’Europa ha un’identità, come quella che a quanto pare hanno l’Italia, la Spagna o la Germania? E, se ce l’ha, in cosa consiste? Hanno qualcosa in comune Dante e Shakespeare, Cervantes e Montaigne, Ibsen e Kafka? C’è qualcosa che condividono tutti questi scrittori che non condividono nemmeno una lingua? E a proposito: basta condividere una lingua per avere una stessa identità? Hanno una stessa identità Milton e Melville, Quevedo e Borges?”

 

Alla domanda “La letteratura europea esiste?” in un’intervista del 2014 lo scrittore olandese Cees Nooteboom ha risposto: “L’Europa è soprattutto uno luogo dello spirito, uno spazio dell’anima. Lì dentro si muove la letteratura. Anzi, è lei che crea questo spazio. È una cosa che esisteva già quando Voltaire faceva stampare i suoi libri in Olanda. È anche un costante dialogo con il resto del mondo, molto peculiare. Prenda Borges, argentino, che non è pensabile senza la letteratura europea. Insomma, certo che esiste. Ma non la potrei rinchiudere in una singola definizione. Per esempio, Italo Calvino è un peculiare prodotto europeo, così come lo sono Pessoa, Saramago, Kundera. Anche gli scrittori africani immigrati in Francia sono letteratura europea. L’indiano-britannico Salman Rushdie lo è”.

 

Nell’articolo Cosa c’è di europeo nella letteratura europea? (2009) la scrittrice croata Dubravka Ugrešić partendo dalla propria esperienza di scrittrice made in Balkans sostiene che c’è una nuova zona letteraria: una letteratura transnazionale che si crea entro i confini nazionali o tra i cittadini del Paese ospitante, ma rimane culturalmente e linguisticamente a distanza da essi e, in alcuni casi, è separata sia dalla nazione d’origine sia da quella che la ospita […] La cultura contemporanea senza territorio o transnazionale è un processo dinamico e insolitamente complesso. I suoi concetti-chiave e i suoi temi privilegiati – l’archiviazione della memoria etnica, linguistica e nazionale; la dislocazione e lo spostamento; gli scambi culturali e il trapianto o la traduzione della cultura; le narrative del ricordo; il bilinguismo o il multilinguismo; l’esilio, ecc. mutano costantemente, subiscono modificazioni, si moltiplicano e sovrappongono i significati in un ininterrotto processo d’interazione.”

 

La poetessa italiana Gabriella Sica ha scritto “una lettera indirizzata a quell’entità complessa che non è l’Europa geografica esistente da secoli ma un’Europa unita ancora da fare, e anche alla generazione Erasmus formata dai ragazzi che, nella disoccupazione generale, sono davvero europei, terreno fertile per un’Europa più solidale e matura” in cui “parla di tanti aspetti della nostra Europa con una prosa semplice e piana“: è la raccolta di poesie Cara Europa che ci guardi (1915-2015) (Cooper, 2015).

 

Nel saggio di apertura a La letteratura europea (Utet, 2015), a cura di Piero Boitani e Massimo Fusillo, intitolato Europa/Mondo: raccontare la letteratura oggi Massimo Fusillo scrive: “Se è vero che nel presente la letteratura europea non ha una sua fisionomia precisa, è anche innegabile che nel passato ha avuto invece un ruolo fondamentale: senza ombra di dubbio e senza cadere nel demone delle gerarchie, si può sostenere che la letteratura è una delle creazioni migliori che l’Europa ha prodotto in secoli di storia sanguinosa e violenta. Perciò è sempre affascinante ripercorrerla, soprattutto perché lo studio delle letterature nazionali, ancora troppo egemonico nelle scuole e nelle Università, risulta certo importante ma del tutto insufficiente e spesso inadeguato. Non si può capire il Romanticismo senza partire dalla Germania e dall’Inghilterra, non si può capire il romanzo senza uno sguardo d’insieme su tutta la scena europea, e via dicendo. Ma il senso della nostra proposta non è solo rivolto all’indietro, non è solo storico. Si lamenta da tempo che l’Europa è ormai solamente un’entità economica e finanziaria: una serie di regole sentite come più o meno necessarie o inevitabili. Rileggere il patrimonio letterario può servire a tentare di uscire da questa impasse, e a ripensare la nozione di Europa in tutta la sua polifonia e la sua problematicità.”

 

Finiamo tornando all’inizio, perché la frase di Raveggi: “Forse è per questo che i grandi scrittori ‘camminanti’ sono e sono stati europei. La costruzione di una memoria perduta e l’autocritica vertiginosa, il voler sempre andare avanti ma anche ritornare sui propri passi, hanno sempre fatto parte dello spirito europeo, almeno nella mia idea” ci fa pensare agli scrittori italiani Antonio Moresco e Tiziano Scarpa.

Nel 2011, nell’anno del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, hanno organizzato Cammina cammina, un cammino da Milano a Napoli-Scampia in 44 giorni, “per ricucire con i nostri passi un Paese e spingere verso un’Europa unita che possa diventare un continente sperimentale ancora capace di grandezza e visione, dove si possa contribuire a far nascere una nuova e diversa possibilità di vita su questo pianeta”.

Nel 2013, hanno organizzato Freccia d’Europa, un cammino di 1170 chilometri in 40 giorni, da Mantova a Strasburgo, e hanno consegnato una lettera aperta al Parlamento Europeo e al suo Presidente Martin Schulz “per un’Europa più vicina all’idea dei suoi fondatori“.

Nel 2016 il progetto Il sogno dell’Europa. Il cammino da Trieste a Sarajevo esortava l’Europa “a fare un salto di qualità e di visione andando verso una maggiore unità politica e d’intenti e reinventarsi.”

Nel 2017 durante il cammino attraverso 4 Paesi i partecipanti hanno letto collettivamente il Manifesto di Ventotene scritto da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi. Una riflessione “ancora più valida e urgente oggi […] Abbiamo scelto Parigi e Berlino come punto di partenza e di arrivo per la loro importanza in questo progetto, mai come adesso controcorrente, di unità federale tra Stati che si sono duramente combattuti nel corso del tempo e che stanno provando a mettere al mondo qualcosa di inedito e di esemplare.”

 

Infine, su IlLibraio trovi la lista Libri sull’Europa e il suo futuro, “saggi (e non solo) che possono aiutare a riflettere sul presente (complesso) e il futuro del Vecchio Continente, anche guardando al suo passato…”

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L’immagine è tratta dal film del regista Luca Guadagnino Chiamami col tuo nome che abbiamo citato nell’articolo Ospitare uno studente straniero.