Caro Diario,
È trascorso un mese dall’inizio di questa maledetta quarantena, e già dopo la prima settimana non ce la facevo più.
Passo tutto il giorno chiusa in camera mia, cercando di evitare il più possibile i miei familiari perché, stressati come siamo, probabilmente finiremmo per litigare.
Mio fratello minore Andrea, che è un fanatico del calcio, è molto giù di corda perché non può allenarsi con i suoi amici, perciò spreca le sue giornate davanti alla playstation a giocare con i suoi videogiochi e si arrabbia con me quando lo costringo a fare i compiti. Mia madre è un’insegnante e, come tutti gli insegnanti, sta andando fuori di testa a forza di programmare video lezioni, interrogazioni, riassunti, verifiche virtuali. Mio fratello maggiore Luca è stato costretto a posticipare alcuni esami che gli avrebbero permesso di laurearsi entro un anno e mezzo e soffre tantissimo la lontananza della sua ragazza.
Io, invece, non sopporto di dover stare chiusa in casa, senza poter uscire nemmeno a fare per una passeggiata, senza poter nemmeno andare a fare o per la spesa con mia mamma. Passo i miei pomeriggi in camera mia, cercando di leggere qualche libro vecchio e dimenticato della mia libreria o suonando le stesse quattro melodie al pianoforte o stesa sul divano con il telecomando in mano, sperando che stiano trasmettendo qualcosa di interessante alla televisione. Ma su qualsiasi canale, su in qualsiasi trasmissione, c’è un solo protagonista: il COVID-19.
Le mie giornate sono tutte uguali: mi alzo tutte le mattine alle sette e mezza, faccio colazione, alle nove iniziano le lezioni, a mezzogiorno scendo in sala da pranzo, mangio, torno in camera mia, svolgo i compiti, scendo in soggiorno, non faccio nulla finché non è ora di cena, mangio, vado in camera da letto e dormo. La cosa peggiore è che questa lenta e monotona routine mi fa perdere la cognizione del tempo: a volte mi sembra che sia passata un’ora ed invece sono passati solo dieci minuti, non mi ricordo più se è lunedì, martedì o venerdì. A volte esco in giardino e rimango seduta sulla panchina in mezzo al prato e guardo fuori dal cancello e sogno di poter uscire, anche solo per un attimo, anche solo per fare la spesa.
Ieri stavo parlando con mia mamma e all’improvviso le ho detto quello che provavo. Le ho detto che ero arrabbiata con chi ha sottovalutato il problema, furiosa con chi ha sostenuto fino all’ultimo, anche davanti all’evidenza, che il virus non fosse più pericoloso di quello di una semplice influenza. Le ho confidato che mi manca la città, mi mancano la scuola, i miei amici, mi mancano persino la metropolitana piena di gente alle sette e mezzo di mattina, persino le persone che camminano lentamente davanti a me quando ho fretta, persino gli autisti che arrivano puntualmente in ritardo e che, quando una macchina li supera, iniziano a bestemmiare. Le ho detto che, se davvero prolungassero la quarantena fino a maggio, io impazzirei, impazzirei davvero e che non riesco a stare buona e tranquilla senza avere niente da fare a parte i compiti.
Mi manca la vita sociale perché, lo sanno tutti, nessun uomo è un’isola, ma, stando chiusa in casa, io mi sento come Robinson Crusoe. Mia mamma è una donna severa e razionale.
Non mi ha confortato, non mi ha rassicurato dicendomi sciocchezze come “Vedrai che passerà” o “Sono sicura che tornerà tutto come prima molto presto”. No, lei mi ha guardato negli occhi severamente e mi ha detto: “Bisogna essere resilienti”.
La Resilienza è, secondo il dizionario, la capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà, riuscendo a trovare anche i lati positivi in una situazione sgradevole e purtroppo temo che non sia esattamente il mio forte. Al contrario, la quarantena mi ha trasformato in una specie di radar che riesce cogliere gli aspetti negativi in qualsiasi cosa o persona che prima non notavo: non sopporto quando mio fratello fischietta, o quando lascia il tappo del dentifricio aperto, mi dà fastidio quando mio papà canta le sue
canzoni di Lucio Battisti o quando mia mamma mi chiama perché non riesce a far funzionare il computer.
La quarantena è dura per me, ma ovviamente mi rendo conto che, in fondo, sono fortunata: c’è chi è in pericolo di vita, c’è chi ha perso un proprio caro per colpa della malattia, c’è chi era andato in vacanza all’estero ed è rimasto bloccato per via del coronavirus, lontano da casa e dagli affetti familiari. A volte mi rendo conto che potrei sembrare esageratamente lamentosa, ma questo è, purtroppo, l’effetto che la reclusione forzata ha su di me: mi rende insopportabile. Sono grata, però, di avere una famiglia che mi tollera, nonostante mi alzi tutte le mattine con la luna storta.
Spero vivamente che il virus passi presto e che io possa tornare all’aria aperta il prima possibile e spero anche di essere di buon umore la prossima volta che ti scriverò, caro Diario.
Tua, nervosissima ed insopportabilissima,
Ilaria, Quarta Liceo Linguistico